Esposizioni in corso
FRANCESCO MISINO
Vedere altro \ vedere oltre
Lo sfaccettato panorama artistico veronese, con tanta vitale tradizione e voglia di attenta ricerca, ha nella figura di Francesco Misino uno degli artisti più appartati e fecondi. L’apparente contraddizione di termini (si immagina che una grande produzione esiga un’ampia e ripetitiva esposizione di sè e del proprio operato) ha conferma nell’osservare l’artista e gli spazi in cui si muove, spazi di riflessione, intuizione, progetto, realizzazione: silenziosi e vasti ambienti luminosi, sapienti collocazioni di grande equilibrio, percorsi di assoluta godibilità che invitano ad un approfondito ritorno.
La figura dell’artista accompagna ma non impone: lascia che sia il visitatore a formulare domande, a cercare conferme, ognuno secondo quanto trattiene e sente. Apparentemente siamo lasciati soli, ma siamo in realtà guidati dalla discrezione e dalla misura dell’autore, passo dopo passo, davanti ai suoi lavori, soprattutto intrecci equilibrati come spartiti musicali, alle trame rigorose, agli assemblaggi degli elementi più diversi nell’aspetto e nella cromie.
Proviamo a fare un elenco, che non può essere che parziale, dei materiali in uso: corde e spaghi, lacci, chiodi, erbe, frammenti di vetro o di ceramica, bottoni, fustelle, lana e nastri… Il risultato è sorprendente: ogni elemento, centellinando i suoi silenzi, che diventano pause preziose, fa capire che non è poi così importante l’informazione sul fare, sulla tecnica, sulla datazione; altri e più stimolanti sono gli approcci, in una dimensione di maggiore altezza e nobiltà.
Cerchiamo di capirne il perchè: proviamo a sfrondare ciò che abbiamo osservato fino al limite oltre il quale perderemmo di vista l’appena introiettato. Misino ci regala IL TEMPO. Davanti a queste opere che sembrano nate altrove, sotto altri cieli, in altre civiltà, vediamo storie antiche e ricerche di oggi, in salti temporali che non ritenevamo possibili. Ma chi se non noi stessi il nostro tempo sappiamo usarlo, o sprecarlo, o ignorarlo? Eppure, senza volontà nè programma, l’artista ci cattura e ci fa ricchi, ricchi di CONOSCENZA. Una conoscenza che ha radici nella mitologia (la fiaba) e nella storia (il documento) e ci fa conoscere i soggetti che sono di ispirazione costante. Aracne, Penelope, Andromaca, Calipso: Omero ce le presenta intente alla tessitura, all’intreccio.
La storia ci parla, invece, delle possenti reti di pescatori, di quelle, leggere e ariose, degli uccellatori, di ricamatori dalle mani forti atte a piegare non solo cordami e spaghi ma fili d’argento e di rame, alla ricerca della trama più inviolabile, più malleabile e forte.
Conosciamo le grandi civiltà delle Americhe, dell’Asia Minore, dell’Africa. Le nostre più remote informazioni si soffermano sull’uomo raccoglitore che, ancora nomade, cominciava a conoscere e ad accumulare frutti e bacche, con la necessità di contenerli ed accumularli.
Credo che si parta da qui.
Guardando le opere di Misino diventiamo indiscussi padroni del tempo, lo viviamo a nostro piacimento, siamo lontani ma contemporaneamente vediamo l’oggi toccando canapi annodati, guardando fili di paglia e biglie di vetro, scoprendo un colore sapientemente rafforzato da una pennellata o da una carta a collage e ci vengono alla mente i manufatti che tanta emozione ci hanno dato dalle bacheche dei musei, dalle pagine patinate di libri e riviste. Storie di guerre e di amori, di intrighi e vendette, di feste e di lutti.
Passiamo da uno spazio temporale all’altro padroni del tempo e dei fatti… chissà se Misino è consapevole di questo suo potente lasciapassare?
Lia Franzìa
30 maggio 2024